Renzi, il referendum costituzionale e i contrasti interni al PD: analisi dell’attuale fase politica italiana in vista del voto del 4 dicembre

Il PD, a prescindere dall’esito del referendum del prossimo 4 dicembre, rischia l’implosione, considerato che il tentativo di riavvicinamento delle parti intorno al tavolo della legge elettorale rappresentava l’ultima possibilità di compattare le parti verso un obiettivo comune. All’interno dell’agenzia di socializzazione infatti si sono formati due blocchi ben evidenti, formati dai renziani da una parte e dagli ex-comunisti dall’altra. Due fazioni che non hanno nulla in comune e che presumibilmente prenderanno direzioni differenti dopo il 4 dicembre. Il gruppo che si pone sotto l’influenza del presidente del Consiglio è impegnato a costruire il Partito della Nazione con Verdini e Casini; d’altro canto Bersani e i compagni ex-PdS sono sempre più attivi al fine di provare a dar linfa vitale al progetto di ricostruzione di un’area politica, che in qualche modo, possa assumere sulla falsa riga dell’Ulivo la medesima linea politica. Due strategia nettamente alternative l’una all’altra e, a questo punto, sarebbe auspicabile ed opportuno che le parti dichiarassero, con grande onestà intellettuale, l’incompatibilità dei rispettivi disegni istituzionali.
Sembra quindi scontato che l’ipotesi di un rinvio del referendum possa non essere sgradita al segretario del Partito Democratico, in quanto un’eventuale slittamento della consultazione popolare potrebbe dare al governo altri mesi di vita e la possibilità di creare alleanze e consolidare il proprio consenso, che attualmente sembra essere molto fragile e minato da varie questioni. Il quesito referendario non è rinviabile per via politica: l’unica strada percorribile è quella relativa alla giurisdizione, a seguito del ricorso del Presidente Onida sulla sua stessa formulazione. Il dato di fatto è che il governo è in affanno, ne è testimonianza la presenza costante nelle tribune politiche e nelle trasmissioni televisive di rappresentanti della maggioranza, il cui intento unico intento è quello di fare campagna referendaria, dimenticando che il Paese soffre altri ordini di problemi che appaiono prioritari in questo momento, come l’emergenza post-terremoto e la crisi dell’occupazione, i cui numeri in maniera impietosa crescono al susseguirsi dei bollettini sul lavoro.
Il proposito di Renzi, teso a spaccare la minoranza del PD per fare adepti intorno al Sì, è miseramente fallito: i vertici della minoranza interna, da Speranza a Cuperlo, hanno tutti abbandonato il tavolo di discussione intorno al progetto di riforma della legge elettorale, considerato che tale proposta fosse meramente strumentale a poche settimane dal voto.
Dal canto loro, gli italiani sembrano stanchi di assistere al solito “teatrino” della politica, che appare loro sempre più lontana dalla reali problematiche della vita quotidiana. Non è escluso che l’ex presidente della Provincia di Firenze, dopo aver toccato l’apice del potere ed essersi proposto come il riformatore e il “rottamatore” delle dinamiche politiche nazionali, risulti ora, agli occhi degli altri membri del partito, più autoreferenziale dei propri stessi detrattori. Il futuro prossimo in tale prospettiva è in mano ai cittadini e, a seguito della consultazione sul quesito referendario, gli equilibri politici potrebbero risultare profondamente cambiati.

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